Riflessioni sul disagio contemporaneo - La morte dell'attore R. Wiliams

Le notizia della morte di Robin Williams mi fa riflettere sul carattere inconsistente di alcuni fattori che per ordine, risultano essere alla base del benessere degli uomini e cioè: bisogni materiali e bisogni di cura, elementi che non certo  mancavano all'attore. Allora, che questi fattori risultano non essere portatori di ciò che promettono gli statistici collusi con il capitalismo, ormai è risaputo, la cosa invece meno chiara è, come mai, nonostante questa evidenza ci sia sempre una tendenza al diniego di tutto ciò? 
Allora, tanto per riordinarci le idee, se Robin Williams si è suicidato nonostante avesse tutto nell’ordine del bisogno, ci sorge il sospetto che la sua sofferenza non era nell’ordine del bisogno!? Alla stessa maniera, se quest’uomo disponeva di tutto ciò che occorre per far fronte al ricorso delle cure psichiche, perché certo a lui non sono mancati gli esperti del settore, allora bisogna riflettere sulla questione della malattia psichica, che non è nell’ordine della medicina delle pratiche protocollari che funzionano sui versanti, sano o malato!? Dimentichiamo spesso che le questioni esistenziali non hanno nulla a che fare con tutti questi fattori, che invece sono tenuti ad essere ricongiunti dal discorso de- soggettivante del padrone. L’esempio di Williams è uno dei tanti che hanno testimoniato di come alcuni miti imposti dall’altro ci hanno schiacciato per il loro volere, subdolamente, ed anche magistralmente, perché senza coercizione (geniale). Alcuni cure poi, non vertono nell’ottica sano malato, l’accanimento terapeutico anch’esso dipende dallo psicoterapeuta sopraffatto dal fantasma di onnipotenza con cui non ha fatto i conti ancora. La cura psichica spesso si imbatte in pazienti nei quali nessun discorso è capace di gettera un ponte che restituisca senso alla loro sofferenza, tale da coprire il buco del reale . A mio parere era questa la vera sofferenza di Wiliams e qui pongo il mio silenzio che cerca di fare omaggio all’artista, all’uomo e alla sua sofferenza, il silenzio che nel rispetto non vanifichi il suo gesto che invece dovrebbe servire a porre la riflessione nei confronti del disagio contemporaneo.