La falsa contrapposizione tra studi umanistici e scientifici

di Pier Aldo Rovatti

 

È davvero arrivato il momento di approfondire la questione della contrapposizione tra studi umanistici e studi scientifici. Riguardo a questi ultimi, l’Italia starebbe scontando ogni giorno di più un ritardo allarmante nei confronti delle medie europee e mondiali: parlano i dati sull’istruzione universitaria e sugli effetti che ricadono a livello dell’occupazione giovanile. Si salvano isole di eccellenza nella ricerca, ma su queste – pur andandone fieri – non si può disegnare un trend positivo. Né ci si può consolare con il fenomeno vistoso della “fuga dei cervelli”.

Per tentare di approfondire il problema, è innanzi tutto opportuno liberarci da alcuni stereotipi che bloccano la discussione. Quello principale consiste proprio in un’idea di contrapposizione, molto schematica ma ben radicata nell’opinione comune, tra cultura umanistica e cultura scientifica. È una contrapposizione malposta, superficiale e fittizia. Da una parte la difesa del vecchio e glorioso liceo classico, dall’altra l’attacco contro le mancanze, nelle nostre scuole superiori, quanto alla matematica, alla fisica e alle altre discipline scientifiche. Se ragioniamo solo così, contrapponendo per esempio il valore formativo del latino a quello della matematica, tutti hanno ragione e tutti hanno torto. Ci blocchiamo in uno sterile cul-de-sac.

Chi ha qualche anno alle spalle, ricorderà i dibattiti sulle due culture e sulla necessità di una loro “alleanza”: si torna, nientemeno, agli anni Sessanta del secolo scorso. È stato un confronto importante, articolato e molto ampio. Oggi, dopo le imprevedibili rivoluzioni tecnologiche che sono avvenute, con i relativi effetti sull’assetto sociale dell’intero pianeta, constatiamo che nessuna alleanza di base si è mai prodotta e che, anzi, il dibattito pare essere ulteriormente arretrato in un corpo a corpo avvilente e oscurantista.

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