L'INCONSCIO E LA RETE

  Esiste un inconscio digitale?

La questione è stata affrontata nell'ambito dell'Internet Festival a Pisa in un dibattito tra psicoanalisti intitolato: "Il buio oltre la rete". L'inconscio digitale, il cui teorico è Derrick de Kerckhove, sociologo canadese, sarebbe l'enorme massa di dati sulla nostra vita presenti nella rete e potenzialmente estraibili.
Kerckhove sovrappone due cose diverse. La prima è l'inconscio come modalità di funzionamento mentale, che produce dati inaccessibili a una loro conoscenza diretta. La seconda è il processo di accumulazione di dati di cui non si è consapevoli, perché fanno parte della "spazzatura" di uno scambio informativo che consuma i suoi dati molto in fretta o perché si producono come informazioni potenziali che restano in attesa di una loro estrazione e uso. Questi dati sono direttamente conoscibili a condizione che si adoperino procedure di recupero appropriate. Non sono dati inconsci, ma caso mai "preconsci": sono ai margini della nostra coscienza ma possono essere richiamati in essa e usati.
L'approssimazione con cui i teorici della tecnologia digitale trattano il "fattore umano" è in relazione con una concezione ideologica del pensiero che lo configura come rete di connessioni neuronali assimilabile al linguaggio computazionale. È una prospettiva fuorviante: il pensiero umano è indissociabile dalla corporeità/gestualità e dall'affettività. La sua creatività è direttamente proporzionale all'estroversione (apertura all'inconsueto) della soggettività desiderante.

Per continuare: http://www.psychiatryonline.it/node/5882

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