L'angoscia

Nel Seminario X, si parla di una specificità dell’immaginario che ritroviamo sempre: la verità di ogni immagine è (-φ), infatti se applichiamo questo matema alla clinica, vediamo che lo ritroviamo immediatamente. L’immagine riveste la castrazione e al tempo stesso la rivela,nel senso che copre la castrazione e per ciò stesso disangoscia; però è anche la nostra condanna, poiché aspira verso una totalità irraggiungibile che, come tale, non fa che rinviarci alla castrazione, ovvero al buco nascosto di ogni immagine.

A questo punto però compare qualcosa che non è, sempre del tutto afferrabile con l’intuizione con cui abbiamo potuto seguire la sequenza in cascata di questi meno della serie delle immagini. Ci ritroviamo davanti a qualcosa di non direttamente comprensibile. È come se in questo processo di tutto meno uno all’infinito troviamo, con sorpresa, inaspettatamente, un elemento in più. Questo uno in più in realtà non è il risultato né di una magia né di un’invenzione, né tanto meno di una forzatura. La topologia ha il merito di far sorgere questo strano oggetto. Dunque come alla stregua di un teorema matematico, compare un processo di divisione, di scomposizione di un’immagine, un elemento particolare, che Lacan precisamente riconduce "all’oggetto a".

Ma qui emerge qualcosa dell’oggetto che oltrepassa questa dimensione, già in sé sovversiva, dell’oggetto in quanto significante che per spiegarlo facciamo ricorso ad una superficie topologica, il cross-cap, una superficie topologica come la bottiglia di Klein, il nastro di Möebius, il toro. Il cross-cap assomiglia alla mitria di un vescovo, però ha una curiosa particolarità: le due superfici, interna ed esterna, si compenetrano l’una nell’altra in una linea precisa di intersezione, così che l’esterno diventa l’interno e viceversa. Ma quel che ci interessa soprattutto di questa superficie topologica è una caratteristica speciale: si crea un oggetto non speculare ma orientabile, quindi come tale un oggetto unico.

L’apparizione fugace e abnorme di "a" provoca l'effetto di mancanza della mancanza, perché chiaramente se "a" viene ad apparire lì dove non dovrebbe essere reperito, va ad otturare la mancanza normale dell’immagine. Il segno incontrovertibile di questa mancanza della mancanza, di questo ribaltamento che improvvisamente rende positivo ciò che doveva rimanere negativo, che fa apparire un più lì dove doveva rimanere un meno, è l’angoscia.


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