Hungry Hearts, quando l’istinto materno si ammala di ideologia

Esce oggi al cinema il film di Saverio Costanzo, storia di una madre ossessionata dall’integralismo alimentare al punto di far quasi morire di fame il suo bambino. L’intervista alla psicologa Silvia Vegetti Finzi
di Laura Salonia, iodonna.it, 15 gennaio 2015

È un racconto che inizialmente respinge. Come può respingere l’idea di una madre che fa del male al suo bambino, anche se pensa di proteggerlo. Ma poi la narrazione diventa magnetica e ti costringe a seguirla, per capire quale sia la sua verità. Il film Hungry Hearts, di Saverio Costanzo, con Alba Rohrwacher e Adam Driver, vincitori entrambi della Coppa Volpi al 71° Festival di Venezia, esce al cinema oggi ma già se ne parla. Tratto dal libro di Marco Franzoso Il bambino indaco (Einaudi), parte da una storia d’amore ma si trasforma presto in un giallo psicologico. Jude e Mina si incontrano, si innamorano, lei resta incinta, si sposano e da quel momento qualcosa si incrina nel suo assetto emotivo. Fin dai primi mesi di gravidanza crede che quel bambino sia un essere speciale. Ma l’istinto materno di Mina le suggerisce qualcos’altro: quel figlio sarà dotato di poteri sovrannaturali e per preservarne la purezza deve proteggerlo da tutto ciò che è impuro, inquinato. Deve tenerlo lontano dal cibo, dal mondo, dalle persone… dalla vita. Isolamento, niente cibo solido, soprattutto niente carne, solo pochi e scarni alimenti assolutamente inadeguati a uno sviluppo sano e corretto. L’integralismo alimentare diventa ossessione e trasforma l’istinto materno nel suo esatto opposto, l’istinto di morte, fino a mettere in pericolo la vita stessa del bambino, facendolo quasi morire di fame. Sarà l’intervento del padre, ma soprattutto quello della nonna, a interrompere il pericoloso circolo vizioso.

Il trailer del film

Quello che è sempre stato definito l’infallibile istinto materno è davvero così fragile?
L’istinto guida le condotte essenziali (sopravvivenza e riproduzione) di ogni animale, ma l’umanità lo ha talmente elaborato da renderlo indistinguibile dalla cultura. Per quanto riguarda la maternità, occorre attivare le competenze innate, spesso sopite, con l’educazione e la sensibilizzazione.
Come può il desiderio di protezione per un figlio trasformarsi in ossessione e poi in follia, fino a metterlo a rischio di vita?
Viviamo nella società del perfezionismo e anche i figli devono corrispondere a un ideale per essere amati. Ma l’ideale è, per definizione, irraggiungibile. Di qui il rischio di un accudimento persecutorio che, per “il bene del bambino”, può nuocergli sino a ucciderlo.
Diventare madre può riportare alla luce disagi psicologici pregressi o irrisolti? Quali sono i segnali d’allarme?
La maternità, sin dal primo annuncio, riattiva il rapporto generazionale con la propria madre riportando alla memoria ricordi remoti, emozioni rimosse, conflitti irrisolti. Vi possono essere sintomi organici, come certe nausee incontrollabili, insonnia, inappetenza, oppure psichici, quali depressione, eccitazione, negazione della propria condizione di gestante. L’importante è favorire l’introversione delle energie con un lavoro di introspezione, immaginazione, prefigurazione del nuovo nato.
L’alimentazione controllata e ben gestita, come dalla maggior parte dei vegetariani e dei vegani, fa parte dei doveri genitoriali. A volte però, si trasforma in integralismo alimentare e poi in mania. Quali sono i sintomi e in che modo se ne può uscire?
Lo svezzamento è diventato un periodo a rischio perché alcune mamme lo trascurano mentre altre lo esasperano, come se attraverso il cibo potessero controllare in modo onnipotente la crescita del figlio. Il pericolo delle diete particolari è il “fai da te”, mentre in questi casi, più che mai, è necessario seguire le prescrizioni di medici seri e competenti.
Inquinamento atmosferico, contaminazione dei cibi, contagio delle malattie. Sono solo alcuni dei rischi che possono spaventare chi sta per diventare genitore. E sono ottimi spunti per piccole o drammatiche nevrosi… Come mettersi al riparo (e soprattutto metterne al riparo i nostri figli)?
I mass media hanno in proposito non poche responsabilità in quanto assumono spesso toni apocalittici che angosciano le mamme più sensibili e fragili. In realtà i dati statistici sono piuttosto confortanti: la mortalità infantile è minima rispetto alle generazioni precedenti, molte malattie, come le leucemie infantili, hanno raggiunto percentuali di guarigione impensabili sino a qualche anno fa, mentre la durata della vita si prolunga continuamente. Aver fiducia nella medicina scientifica è ragionevole e giusto.
Il ruolo del padre, per la psicanalisi, è tipicamente quello di “portare il figlio nel mondo”, interrompendo al momento giusto il rapporto dualistico, esclusivo, tra il neonato e la madre. In questo film, Jude capisce quello che sta accadendo e vuole proteggere il figlio, ma il ruolo risolutivo, benché drammatico, lo lascia a sua madre, la nonna (a sua volta madre…). 
Ancora una conferma delle capacità risolutive (a volte sacrificali, come in questo caso) di molte donne? I giovani padri hanno abbandonato, giustamente, il ruolo autoritario del passato ma non lo hanno ancora trasformato in una presenza responsabile, forte e autorevole, per cui molte mamme rimangono sole a gestire l’impegnativa relazione col figlio. Ben vengano quindi le nonne a sostenere e, se il caso, sostituire la funzione paterna.


http://www.iodonna.it/attualita/primo-piano/2015/hungry-hearts-istinto-materno-film-genitori-figli-50207181844.shtml

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