Contributi – Invidia, il peggiore dei tabù

di Antonio Giuliano, avvenire.it, 8 gennaio 2015

Nessuno tocchi Caino. Perché se fu il primo a esserne accecato, è anche vero che il tarlo dell’invidia, per quanto sia dura ammetterlo, è più vicino di quanto pensiamo. «In un certo senso siamo tutti invidiosi. Fa parte della struttura mentale dell’uomo», spiega Salvatore Capodieci, psichiatra e psicoterapeuta, autore di un curioso saggio su Re Salomone e il fenomeno dell’invidia (Lup, pagine 162, euro 16). Un vademecum per vederci chiaro, visto che l’invidia tende a deformare la realtà offuscandola (dal latino invidere, guardare di traverso, in senso negativo). Difatti avendo usato male i loro occhi in vita Dante per contrappasso ritrae crudamente gli invidiosi con le palpebre cucite da un filo di ferro. E il graffiante G. K. Chesterton ammoniva: «L’uomo che non è invidioso vede le rose più rosse degli altri, l’erba più verde e il sole più abbagliante, mentre l’invidioso le vive con disperazione».

Professore è davvero così difficile non essere invidiosi?
«L’invidia rappresenta un fenomeno diffuso che può riguardare chiunque si trovi in una situazione di confronto con altri. La sua complessità è correlata al fatto che le stesse persone invidiose non sempre ne sono consapevoli e, talvolta, sono le ultime a rendersi conto che il loro atteggiamento può essere attribuito a motivazione legate all’invidia».

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