Con Kierkegaard il pensiero nasce dalla malinconia

di Maurizio Schoepflin, Avvenire, 7 dicembre 2014

Rimane aperto il dibattito intorno alla questione se, oltre che legittimo, sia opportuno interpretare l’opera di un filosofo sulla base di categorie psicoanalitiche. Non è certamente questa la sede per entrare nel vivo di una tanto complessa problematica.Tuttavia, ammesso e non concesso che tale operazione sia lecita e valida, non v’è dubbio che il grande pensatore danese Søren Kierkegaard, vissuto fra il 1813 e il 1855, si presti molto bene a essere invitato a distendersi sul lettino reso famoso dal dottor Sigmund Freud. La breve esistenza del filosofo di Copenhagen risulta infatti caratterizzata da eventi e situazioni che farebbero la gioia di qualunque psicoanalista interessato a comprendere meglio la personalità, tanto affascinante quanto complessa, di un uomo che non casualmente dedicò memorabili riflessioni ai sentimenti dell’angoscia e della disperazione. Tra le numerose vicende che lasciarono un segno profondo nella vita (e nella psiche) di Kierkegaard, spicca il suo fidanzamento con Regina Olsen, che, durato meno di un anno, si concluse con una rottura che gettò nello sconforto – per la verità momentaneo – la ragazza, e spinse Søren a lasciare la capitale danese per recarsi a Berlino. Facendo perno su questo avvenimento, lo psicoanalista Luigi Campagner, allievo di Francesco Botturi e collaboratore di Giacomo B. Contri, propone nel libro L’inganno nell’amore. Le figure della seduzione in Kierkegaard una lettura indubbiamente originale della figura e dell’opera kierkegaardiane, incentrata sulla convinzione che fu la malinconia il vero sigillo di esse.

«Kierkegaard ­ scrive Campagner non ha fatto mistero della propria malattia, nominandola con una competenza clinica di cui oggi si avverte la mancanza; semplicemente egli non si è limitato a patire lo stato di malattia, lo ha militato attivamente, trasformando la melanconia in un ideale dell’io, in uno stile di vita alternativo. Nobilitato all’epoca dalla parola francese spleen». Kierkegaard fu vivamente attratto dal tema dell’amore colto nelle sue più diverse declinazioni: celebri sono le sue riflessioni sulla personalità del Don Giovanni e quelle dedicate alla figura del buon padre di famiglia. Senza dimenticare che egli ha scritto parole elevatissime sull’amore di Dio e di Cristo. Come si è detto, a Campagner interessa la prospettiva psicoanalitica, che gli permette di aprire percorsi interpretativi inusuali, come quello che conduce a cogliere in Kierkegaard un misogino, precursore della famosa convinzione espressa da Sartre secondo cui «l’inferno sono gli altri». Insomma, dal lettino del dottor Campagner il filosofo di Copenhagen si alza con le ossa se non proprio rotte, sicuramente doloranti.

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