Gli insegnanti che non dimentichiamo

Ne parleranno Paolo Giordano e Massimo Recalcati al Festival della Comunicazione. A VanityFair.it hanno anticipato qualcosa. E voi, quali maestri ricorderete?

di Francesca Bussi, vanityfair.it, 12 settembre 2014

Dice un antico proverbio buddista che il maestro arriva solo quando l'allievo è pronto. Si può aggiungere che, comunque e in qualsiasi momento arrivi, è destinato a lasciare un segno. Nel bene e nel male. Ci sono molti modi di insegnare: lo si può fare da dietro una cattedra o semplicemente accorgendosi che l'allievo è pronto per imparare. Non serve essere professori per essere maestri. Paolo Giordano e Massimo Recalcati parleranno di questo al Festival della Comunicazione, la cui prima edizione si tiene a Camogli dal 12 al 14 settembre. Gli insegnanti che non dimentichiamo è il titolo del loro incontro (14 settembre, ore 11 piazza Ido Battistone), e ne hanno scritto per VanityFair.it.

«Avevo un insegnante privato di chitarra, si chiamava Fabrizio. Quando venne a casa la prima volta, io avevo sette anni e lui non più di diciassette. Vidi la sua chioma bionda e permanentata nel monitor del citofono. Assomigliava a Joey Tempest, era un rocker d'altronde, e quelli erano gli anni di The Final Countdown. Passai la prima ora di lezione a ridere da dietro le sue spalle come uno sciocco. È stato il mio maestro per dieci anni, e il migliore di tutti. Non forzava mai la mano e non mollava mai, assecondava il mio gusto musicale in pieno divenire. Mi accompagnò a comprare la prima chitarra elettrica e mi portò ai concerti insieme ai suoi amici, quando ero ancora un bambino. Parlava loro di me come di una giovane promessa, benché non lo fossi davvero. Fu lui, un giorno, a dirmi che ormai mi aveva dato tutto ciò che poteva e che per migliorare avrei dovuto cambiare insegnante. Mi si spezzò il cuore, ma ubbidii. Ci salutammo come al termine di una lezione qualunque. Lo rividi solo molti anni dopo, di sfuggita davanti a un ascensore. Io ero un mezzo adulto, gli Europe non esistevano più, e lui si era tagliato i capelli.» Paolo Giordano

«Gli insegnanti che non dimentichiamo sono quelli che hanno saputo testimoniare. Su cosa? Su di una promessa. Sulla promessa che anima, o dovrebbe animare, ogni Scuola degna di questo nome. Quale promessa? La promessa della cultura e del linguaggio come possibilità di allargare l’orizzonte del nostro mondo e di farci intravedere altri mondi. L’incontro con la Scuola non è l’incontro con una azienda – sebbene si stia facendo di tutto per trasformare la Scuola in un’azienda – ma è l’incontro con la cultura come apertura di mondi. Non riusciremo mai a misurare il miracolo dell’apprendimento dell’alfabeto o dei numeri in un bambino. Gli insegnanti che non abbiamo mai dimenticato sono quelli che ci hanno fatto scoprire mondi di cui non immaginavamo l’esistenza. Possiamo aver dimenticato i contenuti che ci hanno trasmesso, ma ricordiamo perfettamente il loro stile, il modo in cui insegnavano. In altre parole, non abbiamo dimenticato il loro amare il sapere che trasmettevano. Ecco cosa intendo per testimonianza : un insegnante che ha saputo “lasciare il segno” (è l’etimologia del verbo “insegnare”) è colui che ha incarnato il proprio amore verso ciò che ha insegnato. È, infatti, solo l’amore per il sapere che rende possibile una trasmissione vitale del sapere.» Massimo Recalcati

Scrivi commento

Commenti: 0