Thanopulos: “I fatti diventati opinione”

La realtà se separata dalla verità perde il suo significato. Ciò che chiamiamo "realtà" è l’incontro tra il dato oggettivo nella sua casualità - il fatto - e la nostra interpretazione soggettiva - l’opinione - che gli dà senso. La realtà non esiste se questo incontro non è «vero» e ciò non risiede in una corrispondenza certa e univoca tra l’opinione e il fatto ma nella profondità dell’effetto reciprocamente trasformativo che l’incontro ha determinato

di Sarantis Thanopulos, ilmanifesto.info, 5 settembre 2014

Capita guar­dando you­tube, a volte su indi­ca­zione di amici più infor­mati, di incap­pare in per­so­naggi impro­ba­bili, seguaci di un iper­rea­li­smo con­traf­fatto, a buon mer­cato. Il nome non ha impor­tanza: il per­so­nag­gio fago­cita il sog­getto par­lante e la sua azione è imper­so­nale, segue una cor­rente di acci­dia col­let­tiva masche­rata in vitalità.

Uno degli sce­nari pos­si­bili è que­sto: negli «stati gene­rali della cul­tura» orga­niz­zati dal Pd viene invi­tata una gior­na­li­sta. Di cosa dovrebbe par­lare nes­suno sa e, ad ascol­tarla, appare chiaro che non lo sa nem­meno lei. Si potrebbe pen­sare che si stia arram­pi­cando su uno spec­chio se nello spec­chio non si fosse per­duta. L’eloquio è buono ma la man­canza di intima con­vin­zione, che va a suo cre­dito, inde­bo­li­sce la sua forza ora­to­ria per cui resta incerta. Il suo discorso non è pro­vo­catorio come erro­nea­mente si potrebbe sospet­tare: fa piut­to­sto di lei un’incarnazione incon­sa­pe­vole della dimen­sione amle­tica dell’esistenza. «Essere o non essere» avrebbe potuto essere il titolo dell’intervento di que­sta donna, non priva di intel­li­genza e di cul­tura, che cerca di affron­tare il pro­blema del nostro rap­porto con la realtà a pre­scin­dere dalla realtà interna.

L’emblematica gior­na­li­sta «à la page» dei nostri tempi attacca gli intel­let­tuali ita­liani rap­pre­sen­tan­doli nel loro insieme con la figura del «dolente eru­dito» (un per­so­nag­gio del film «La ter­razza» di Ettore Scola inter­pre­tato da Vit­to­rio Gass­man): presi nella loro per­ce­zione eli­ta­ria della realtà, e nello scon­forto per la costante smen­tita delle loro colte inter­pre­ta­zioni, pre­ten­dono che «i fatti siano igno­rati dalle opi­nioni». Aller­gici a eventi tele­vi­sivi come i «tro­ni­sti» e «l’isola dei famosi» sono rosi dall’invidia nei con­fronti di Fabio Volo che vende milioni di cop­pie men­tre loro ven­dono solo ai loro amici.

Più che una con­ce­zione degli intel­let­tuali que­sta è una con­ce­zione della realtà che cede troppo a esi­genze di vero­si­mi­glianza. In que­sto modo smar­rendo la verità manca di un cen­tro di gra­vità e gira a vuoto. La realtà se sepa­rata dalla verità perde il suo signi­fi­cato che non può essere costruito in ter­mini di quan­tità e misu­rato con gli indici di popolarità.

Per­ché nulla si pro­paga con più rapi­dità del fatto reale che col­pi­sce l’immaginario col­let­tivo in superficie.

Ciò che chia­miamo “realtà” è l’incontro tra il dato ogget­tivo nella sua casua­lità –il fatto– e la nostra inter­pre­ta­zione sog­get­tiva — l’opinione– che gli dà senso. La realtà non esi­ste se que­sto incon­tro non è «vero» e ciò non risiede in una cor­ri­spon­denza certa e uni­voca tra l’opinione e il fatto ma nella pro­fon­dità dell’effetto reci­pro­ca­mente tra­sfor­ma­tivo che l’incontro ha deter­mi­nato. Lo sguardo cri­tico sulla realtà (che sarebbe ridut­tivo chia­mare «intel­let­tuale») inter­roga la tra­sfor­ma­zione con­tem­po­ra­nea del mondo esterno e della nostra sog­get­ti­vità, andando oltre la (auto)compiacenza che sot­to­stà alla sta­gna­zione con­tem­pla­trice dell’esperienza.

Esal­tare il puro acca­di­mento dei fatti, ade­rendo acri­ti­ca­mente ai feno­meni e alle ten­denze di massa, senza chie­dersi se pro­muo­vono un cam­bia­mento di pro­spet­tiva (come a volte suc­cede) o se lo impe­di­scono (come suc­cede più spesso), signi­fica nuo­tare in acque basse e non ha senso pren­der­sela se qual­cuno fa notare che per bagnare i piedi è inu­tile sbrac­ciarsi. Die­tro i discorsi che pre­sen­tano i fatti come opi­nioni si nasconde una fra­gi­lità nar­ci­si­stica: la paura di sbi­lan­ciarsi nell’incontro con ciò che è eccen­trico alla pro­pria iden­tità, pre­fe­rendo chiu­dersi in una per­ce­zione indif­fe­ren­ziante della pros­si­mità, in un senso di appar­te­nenza omologante.

http://ilmanifesto.info/i-fatti-diventati-opinione/

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