di Massimo Recalcati, repubblica.it, 29 agosto 2014
Con questo suo ultimo libro titolato Le persone e le cose, Roberto Esposito aggiunge un altro capitolo importante alla sua ricerca filosofica intorno alle origini della nostra
civiltà e alle ragioni che rendono possibile (o impossibile) il dono-dovere della comunità, il nostro vivere insieme. La sua chirurgica e meticolosa genealogia si configura come uno dei cammini
filosofici più originali e innovativi degli ultimi vent'anni. In queste due parole, "persone" e "cose", si manifesta secondo Esposito una divisione ontologica che è stata la matrice di processi
ben più ampi che hanno pesantemente coinvolto le fondamenta stesse della nostra vita collettiva. Questo binomio è infatti un "binomio escludente".
È una prima tesi del libro: l'operazione che fonda la persona come soggetto autorale, integralmente "decorporeizzato", reso titolare di diritti e di patrimoni, è tutt'uno con quello che lo elegge
a padrone delle cose. In questa doppia fondazione si produce un'esclusione di tutto ciò che contrasta con questa biforcazione metafisica. In primis l'esclusione del corpo: «Non rientrando
compiutamente né nella categoria di persona né in quella di cosa, il corpo è stato cancellato come oggetto di diritto».
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