Francois Jullien-5 concetti proposti alla psicoanalisi- psicoterapia analitica e pensiero cinese si incontrano

Il filosofo e sinologo francese torna ad accostare due sistemi di pensiero divergenti – il pensiero europeo e quello cinese –, per risvegliare lo «spirito critico» del Vecchio Continente. In questo saggio, la psicoterapia analitica riscopre sé stessa all’ombra della Grande muraglia.

«Questo saggio è stato concepito tra la lettura di Freud e la frequentazione del pensiero cinese; si può dire che a partire dal loro scarto ho cercato di produrre del tra fra di loro».

Il filosofo e sinologo francese François Jullien “giustifica” così il suo ultimo lavoro, Cinque concetti proposti alla psicoanalisi (Editrice La Scuola, pp. 160, euro 11.50), il cui collaudato “metodo” – «proporre» delle coerenze derivate dal pensiero cinese alle principali categorie del pensiero europeo – può qui risultare ancor più scioccante.

Cos’hanno in comune, infatti, la speculazione sinica e la psicoterapia analitica? Molto, agli occhi di Jullien; ciò che basta a «rimettere in moto la ragione» del Vecchio Continente, disincagliandola dalle pastoie di congetture aprioristiche, dai pregiudizi.


Il filosofo muove la trattazione evidenziando alcune lacune basilari imputabili alla psicoanalisi di stampo Freudiano: il «sospetto» che i suoi concetti, proposti come universalmente validi, valgano solo per il soggetto culturale europeo; la dipendenza della disciplina dalla “teoria”, che rischia di occultarne la “pratica”; la limitazione del «discorso psicoanalitico», che non rende conto appieno di ciò che avviene nel processo di “cura”. Anche in presenza di questi elementi, tuttavia, la psicoanalisi svolge il proprio dovere. Alla luce – secondo Jullien – di ciò che viene da lei stessa relegato, trascurato: il famoso «resto», ciò che la psicoanalisi non ha gli strumenti per indagare.

Interviene qui il pensiero cinese che, tramite un sapere fatto di decantazione e stupore zen, attua un «bagno d’estraneità» utile alla psicoterapia analitica a ritrovare sé stessa. Emergono così alcuni elementi – i «cinque concetti» – che creano delle «coerenze» filosofiche tra due culture all’apparenza tanto distanti.

La «disponibilità», intesa dal pensiero cinese come “apertura totale”, portatrice di opportunità, è l’«attenzione fluttuante» (una vigilanza: conoscenza non più orientata) che Freud chiede ai propri pazienti per fare breccia nei loro meccanismi di difesa.

L’«allusività», ovvero il “parlare senza parlare” professato dal fondatore del Taoismo, Laozi, è il metodo delle “libere associazioni” psicoanalitiche che permettono di accedere all’inconscio, al non-detto.

Lo «sbieco», l’«obliquo» e l’«influenza» sono mezzi condivisi dalla figura del Maestro, nella tradizione orientale, e dall’analista: esaminare la situazione senza un ragionamento diretto, lineare, incedendo di lato per agire “a monte”, a livello delle condizioni, porta a cambiare il percorso finale più di ogni convincimento coercitivo.

La «de-fissazione», il necessario fluire tra yin e yang, equivale alla rimozione dei blocchi nevrotici dell’analizzando, così come la «trasformazione silenziosa» è quella maturazione, sottile ma incisiva, cui aspirano parimenti discepolo e paziente.

Attraverso questi accostamenti, ed altrettanti scarti, Jullien porta il pensiero psicoanalitico a trascendere le proprie limitazioni, per esplorare nuovi spazi terapeutici.

«E’ questa la sfida di queste pagine: aprire un nuovo spazio di riflessione dove i nostri a priori vengono messi in dubbio, vacillano»

François Jullien, Cinque concetti proposti alla psicoanalisi

L’AUTORE: François Jullien è un filosofo e sinologo francese. Dirige l’Institut de la Pensée Contemporaine dell’Università Paris Diderot. Tra le sue opere tradotte in italiano: Trattato dell’efficacia (1998); Il saggio è senza idee (2002); Pensare l’efficacia in Cina e in Occidente (2006); Logos e Tao. Parlare senza parole (2008); L’universale e il comune. Il dialogo tra culture (2010).

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